LISTA GENERALE RELAZIONI






IVgrado - FRIULI ORIENTALE

MONTE ZAIAVOR
Via Vento Selvaggio (Versante Sudovest)

relazione: Emiliano Zorzi

introduzione presente nella guida

Via di bassa montagna che si svolge nel tranquillo ambiente delle Valli del Torre, a poca distanza dal Passo Tanamea. Data l'esposizione la via è percorribile per gran parte dell'anno, anche se in periodi di piogge o disgelo c'è la possibilità di incontrare vari tratti bagnati che divengono insidiosi. La via, infatti, si svolge lungo un canale-colatoio sulle rocce del versante S del Monte Zaiavor, una elevazione boscosa secondaria del massiccio dei Musi. La via in sé non è certamente fra le più belle del Friuli, data la scarsa qualità della roccia, a volte sporca, che richiede attenzione e sicurezza nel procedere anche se le difficoltà sono basse. Tipico percorso buono esclusivamente per il fuori stagione, con soste qualche passaggio spittato e discesa a doppie lungo lo stesso percorso. D'estate il caldo soffocante e la possibilità, senz'altro molto più remunerativa, di poter frequentare la montagna vera e propria, ne sconsigliano la percorrenza.

Vento Selvaggio: LE VIE PREALPINE DELLA GUIDA

Nel corso della compilazione della guida, sono rimasto sorpreso dalla presenza sparsa qua e là di questi strani percorsi prealpini. Pur aperti da personaggi vari, condividono una strana passione di fondo che, a seconda della disposizione d'animo, può apparire masochistica o meritevole. In un ipotetico processo a queste vie gli avvocati delle parti direbbero:
ACCUSA - L'arrampicata è quasi sempre scadente, su pietra o compattissima o sfaldata, erba a destra e a manca, magari con presenza di simpatiche zecche, percorso a dir poco forzato su esili strisce di pietra affioranti.
DIFESA - Buone per chi vuole, ogni tanto, rompere la monotonia della falesia durante la stagione invernale, si sta in mezzo alla natura "servaggia", si sale almeno un po' via dal terreno.
In verità alle volte mi domando se questi pezzi strani meritino veramente di essere segnalati, poi mi rispondo che in fondo informare è sempre una cosa utile. Informare anche, ed alle volte direi soprattutto, sui percorsi brutti, come lo sono in buona sostanza questi delle Prealpi. Scegliere poi sarà premura del lettore, che individualmente potrà valutare il "bello" ed il "brutto" delle giornate percorse in ambiente. È evidente che non siamo sulle Pale di San Martino né abbiamo i vantaggi (sicurezza, roccia pulita ecc...) della falesia. Detto questo alle volte mi rammarico quando qualche lettore si chiede il perché dell'inserimento di questo o altri itinerari non esaltanti quando nelle descrizioni non viene mai riportato che si tratta di un percorso di per sé bello. È altrettanto chiaro che se uno ne avesse la possibilità arrampicherebbe sempre sullo Spigolo del Velo. Le emozioni qui, sulle Prealpi, devono essere di altro genere: cercate e volute. Chi vuole la scalata preconfezionata o il gesto divertente stia pur lontano da queste vie, come è infatti segnalato nelle introduzioni alle varie parti della guida che, a quanto pare, in pochi leggono.
Questa via, sulle estreme pendici di questo colle di bosco, erba e burroni, credo si contenda la palma di "peggiore via" fra quelle riportate forse assieme alla Via della Cascata in Val Tramontina e probabilmente alla Via Apuanica sull'Amariana.
La curiosità comunque ci porta con il Dimitri, abilmente ingannato sulla questione, ad andare a vedere cosa c'è lì in giro. Con un po' di dubbi amletici lasciamo a destra la falesia dei Ciclamini con le sue belle vie e saliamo per il canale sfasciato fino a dove speriamo di trovare, e troviamo, la nostra via.
Trattasi di un canalone di scolo su un costolone qualsiasi.
Un tiro qualsiasi che poi si trasforma in allegro torrentello di disgelo e spit divelti che regalano un brivido nel vero senso della parola. Ad un certo punto mi viene l'atroce dubbio che se è rotta anche la sosta, senza chiodi né altro scendere da qua sarà un casino. Sosta presente ma in posto strano: fra tutto il posto che c'era è stata sitemata nel luogo peggiore. Secondo tiro decente ma con sosta proprio dove dall'alto piove una piccola ma gelida cascatella. Una serie di abili ma ignobili prolunghe di cordino ci permette di toglierci da sotto la doccia.
Segue un passaggio memorabile: il passaggio della melma. Un basso muretto con sottile muschio umido e prese slavate e melmose degne del miglior sapone. Una primizia: con un movimento oltre il probabile riesco a rinviare l'unico spit presente, corroso dalle acque, e passare questi tre lunghissimi metri. Sopra riprende come sotto e siamo in cima alla via.
Cerchiamo di autoconvincerci che in fondo non è male, che ci siamo divertiti comunque visto che non avevamo voglia di falesia e, con altre strane scuse, rientriamo.
Fortuna che il disgelo ormai è quasi compiuto e domani si va sulla Torre Saf.

 

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